Primarie Parma, un albanese in pole
Ora cittadino italiano, ha placet da folta comunità straniera
(ANSA) – PARMA, 30 DIC – L’obiettivo è dichiarato: essere il primo sindaco d’Italia ‘immigrato dall’Albania’ e per farlo si è candidato alle primarie del centrosinistra a Parma, in vista delle comunali 2017. Gentian Alimadhi, 44 anni, cittadino italiano da sei, sposato, due figli, è avvocato ma con un passato comune a molti immigrati dal Paese delle aquile, arrivato clandestino nel 1993 su un barcone approdato in Puglia.
Alle primarie sfiderà il capogruppo Pd in Consiglio comunale Nicola Dall’Olio, poi Dario Costi, Paolo Scarpa e Francesco Samuele. Lui però vanta il consenso pressoché unanime della Consulta degli stranieri e quello della comunità albanese che a Parma conta 8.000 persone, molti già cittadini italiani e quasi tutti, anche se non possono votare alle comunali, hanno i requisiti per le primarie. Alle ultime primarie del centrosinistra, nel 2012, votarono 8.400 persone: è chiaro dunque che Alimadhi ci sta davvero facendo un pensierino. Per Parma, dopo Pizzarotti primo grillino, è la volta del primo sindaco immigrato?
L’albanese che a Parma sfida Pizzarotti e il Pd
Nella città-laboratorio di cui vorrebbe diventare sindaco, Gentian Alimadhi arrivò vent’anni fa da clandestino. Ora fa l’avvocato. E rischia di vincere le primarie del centrosinistra
PARMA. «Qui ho fatto il cameriere…». Ci portano i caffè mentre Gentian Alimadhi gira uno sguardo fiero sugli stucchi del bistrot del Teatro Regio, cuore e monumento della parmigianità. Se volete, potete leggere quel che segue come una storia di riscatto: il clandestino albanese arrivato sui barconi, che ha fatto successo e ora vuole diventare sindaco. Ma vi perdete il bello. Perché tutto questo accade a Parma, la piccola capitale irrequieta e profetica della politica italiana. Qui tutto accade un po’ prima. Il primo crollo dell’Emilia rossa, il primo sindaco “civico” (Elvio Ubaldi eletto nel 1998), il primo sindaco Cinquestelle (Federico Pizzarotti, in carica, che è anche il primo grande eretico grillino).
Che sia l’ora del primo sindaco immigrato? «Ma tu pensi che ti voteranno solo perché sei un albanese?», ha cercato di dissuaderlo un amico quando Gentian ha annunciato, poche settimane fa, la sua intenzione di presentarsi alle primarie del Pd (dopo molti tentennamenti si vota il 5 marzo). «No, ho risposto, ma neppure mi aspetto di essere penalizzato per questo». Ha un bel viso mediterraneo questo avvocato ironico e giovanile, 44 anni ma gliene sconti volentieri dieci. «L’altra sera in un centro sociale per anziani», riferisce il suo braccio destro Massimo Pinardi, «gli dicevano “oh, sei più bello di Pizzarotti!”». Conta anche questo.
Ma essere albanese, quanto conta? Solo chi ha una quarantina d’anni forse lo ricorda, ma erano i “brutti sporchi cattivi” del primo panico migratorio, all’inizio degli anni Novanta. Albanesi incalliti, satireggiò un titolo del Manifesto. «E io ero proprio incallito…», ride Gentian. Aveva vent’anni quando scelse l’Italia. «Non per fame. Non ero povero. Mi ero iscritto ad architettura, a Tirana. Avrei avuto un futuro nel mio Paese. Gli amici mi sconsigliavano. I miei genitori piansero quando dissi che volevo imbarcarmi». Perché lo fece, allora? «Sognavo di meglio di un Paese piagato da una dittatura. E poi l’Italia, vista in televisione, era un paradiso, la terra delle opportunità». Il 15 maggio del ’93 si infilò nella stiva di un peschereccio, a Durazzo, destinazione Brindisi. Il giorno dopo era su un treno per Parma, dove già viveva il fratello, sbarcato con la possente ondata di due anni prima. «Ho teso una mano e Parma me l’ha afferrata», dice, un po’ per lusinga un po’ perché ci crede. «Poi sono rimasto qui, potevo andare in America da mia sorella, ma ho scelto Parma. Vuole più bene a una città chi la sceglie o chi ci è nato? Io non mi candido a nome degli immigrati. Mi candido in nome di Parma».
Certo che non l’ha avuta gratis, Parma. Tre anni da clandestino, inscatolare scarpe per sopravvivere, dormire dentro un container con le pareti di metallo che «sudavano d’estate e d’inverno». I vestiti presi alla Caritas: «Ricordo una tuta fucsia con la scritta Armani, neanche sapevo chi era, ma la gente mormorava: guarda questo albanese di merda come se la tira». Non era l’Italia della tivù, «io che pensavo alla Carrà e alle vallette di Smaila rimasi deluso dalle ragazze italiane», ride. Poi la sanatoria, e il ritorno ai libri, «volevo riscrivermi ad architettura ma a Parma non c’è, allora su due piedi ho scelto legge». Dopo altri dieci anni, nel 2010, è arrivata la cittadinanza italiana. Ora ha uno studio da avvocato: pratiche di immigrazione ma non solo. Il matrimonio, due figli. È la storia di molti albanesi, fecero tremare l’Italia ed oggi sembrano scomparsi dai radar della xenofobia nazionale. «Gli albanesi ci sono ancora, per il bene e per il male», spiega davanti a un piatto di anolini in brodo, in una delle trattorie più tipiche della città. «Lo sa che qui il cuoco è albanese? Non importa più a nessuno. Sono arrivati altri cattivissimi di turno». Qualcuno a Parma ha notato la sua storia di successo, interviste, una comparsa in tivù da Magalli e a sorpresa, sei anni fa, un premio, il Sant’Ilario: piccolo Nobel di campanile (nel medagliere parmigiani celebri come Pietro Barilla, Alberto Bevilacqua, Bernardo Bertolucci).
Si sarà mica montato la testa? «Questa corsa la faccio da cittadino di Parma.In Italia ho passato gli anni più importanti della mia vita, qui ho i mie affetti. Ora provo a restituire qualcosa». Come la prenderà la città, è tutto da vedere. Certo, Parma non ha mai esitato di fronte alle brusche svolte. Città proustiana e strana. Orgogli granducali ancora vivi perfino nella erre blesa del dialetto, nella pretesa di autogoverno geloso. Città paradossale, combina una straordinaria stabilità e continuità del potere vero (il suo Gotha imprenditoriale, che ha resistito agli scossoni di Tangentopoli) con una proteiforme irrequietezza delle formule politiche: nel giro di qualche decennio qui hanno governato monocolori e pentapartiti, rossi e bianchi, centrodestra e centrosinistra, Ulivo e Polo, liste civiche e da ultimi i Cinquestelle, senza che gli interessi “forti” fossero mai disturbati. In questo gattopardesco kamasutra chi si stupirebbe di un sindaco ex immigrato clandestino?
Il Pd, forse. Inutile negare, non l’hanno presa bene. Data tacitamente per già persa la gara (Pizzarotti sta per decidere la sua ricandidatura in veste di sindaco civico, e tutto lascia pensare che ce la farà), la rosa delle altre candidature alle primarie (quattro in tutto) rispecchia più il posizionamento delle alleanze interne che una voglia di vincere. Vicino politicamente alle posizioni moderate di Libertà Eguale, Alimadhi sembra sapere poco del partito a cui chiede l’investitura. Bersaniani, renziani…? «Mi informerò meglio…», glissa.
Farà la sua gara in autonomia, navigando abilmente fra gli scogli taglienti. Di che religione è, Gentian?: «Ho scoperto di essere di tradizione bektashi, confraternita islamica sunnita di ispirazione sufista, mistica. Ma per i miei figli voglio presepi, non le bandiere nere dei califfi». Ma è sicuro di aver scelto il momento giusto per questa avventura, Alimadhi? «Se per i nuovi italiani è il momento sbagliato, allora è il momento giusto».
INTERVISTA – Gentian Alimadhi: “I sovranismi e le frontiere presidiate dai cannoni preludono a guerre e disastri per tutti”
Intervista a Gentian Alimadhi, avvocato italiano di origini albanesi, che nel 2017 si è presentato alle primarie del centrosinistra di Parma.
Mi pare che nel dibattito politico pochi altri argomenti siano stati centrali come oggi è quello dell’immigrazione in Italia. I sondaggi accreditano il raddoppio dei voti di Salvini in solo un mese di governo. Perchè, secondo te, siamo arrivati a questo punto?
Oggigiorno l’elettorato è estremamente volatile: pensiamo solo al 41% di Renzi di qualche anno fa, dov’è adesso? E questo, si badi bene, non è affatto un fenomeno nuovo ma che inizia nei primi anni ’90 con la spettacolare liquefazione di DC e PSI, forze politiche che avevan dominato la scena per cinquant’anni e radicatissime sul territorio. Ma soprattutto l’elettorato è spaventato. La lunghissima e durissima crisi ha colpito larghi strati di popolazione e ha minato quella fiducia nel futuro che per decenni ha accompagnato la crescita del Paese. La reazione a questa inquietudine ha portato a sopravvalutare i rischi connessi al fenomeni migratorio, che d’altra parte è incontenibile. Non va dimenticato che se all’Italia va il merito di aver salvato migliaia di vite, le politiche di accoglienza e integrazione praticate non sono state, complessivamente, all’altezza della situazione.
Come giudichi la decisione di Salvini di chiudere i porti alle navi della ONG?
Salvini ha dato la risposta più semplice ed immediata, ma di assai corto respiro: si chiude a tutte le ONG, sia a quelle che salvano vite umane, sia a quelle che sui migranti speculano (cosa questa tutta da dimostrare). E l’elettorato, come abbiamo visto, ha risposto positivamente nell’immediatezza
Oggi tanti in Italia si chiedono come possa l’Italia continuare ad accogliere se gli altri Paesi europei mettono i loro eserciti alla frontiera con l’Italia? Che risposta dai?
Come è scoppiata la prima guerra mondiale? Perché risultò impossibile fermare le mobilitazioni a catena e i conseguenti ultimatum. Sta accadendo qualcosa di analogo: se la Germania chiude, l’Austria finisce per fare altrettanto. E, a catena, l’Italia che già era stata lasciata ampiamente sola nella gestione degli sbarchi, in particolare dei c.d. migranti economici. Il senso di solitudine e di pericolo degli italiani è stato creato anche dalle chiusure e dalle sottovalutazioni di Bruxelles e dei nordeuropei. Attenzione: se è giusto polemizzare con Francia e Germania per episodi e atteggiamenti non accettabili, è anche giusto tenere presente che sono i Paesi che più di tutti gli altri hanno accolto e cercato di integrare masse ingenti di migranti. Mettiamoci bene in testa, come italiani ma anche come francesi e tedeschi, che non esiste un’alternativa alla gestione cooperativa e solidale al fenomeno. I sovranismi e le frontiere presidiate dai cannoni preludono a guerre e disastri per tutti.
Pensi che il Pd abbia sbagliato qualcosa sul tema dell’immigrazione?
Il PD ha largamente sottovalutato l’impatto del fenomeno. Ha rivendicato le iniziative di salvataggio in mare, mai lodate abbastanza, ma non ha capito quali disagi e quale percezione di insicurezza l’arrivo di masse ingenti di migranti creavano, soprattutto negli strati popolari. Il ministro Minniti ha inaugurato una politica complessa, fatta di soccorso ma anche di contenimento del fenomeno, attraverso la negoziazione con il Paesi africani e con il coinvolgimento delle Nazioni Unite, oltre che dell’Europa. La sua azione, che avrebbe dovuto essere completata con più efficaci politiche di integrazione sul suolo italiano ed europeo, è arrivata troppo tardi per essere compresa e apprezzata come meritava. Nello stesso momento Salvini ha detto: in Australia e negli Stati Uniti non si sono rassegnati per niente, e la stanno spuntando, specialmente l’Australia che in effetti ha azzerato i flussi. A chi dovrebbe aggrapparsi, secondo te, una persona spaventata?
Dal suo osservatorio, quale credi sia oggi il livello di integrazione nella nostra città?
E’ fatto di luci ed ombre. Lo spirito parmigiano inclina all’accoglienza, ma le politiche di integrazione sono ancora largamente carenti. E, sia chiaro, non vanno disgiunte dalla azione ferma e decisa per contrastare e correggere i cattivi comportamenti che creano inquietudine e disagio, anche quando non rivestono profilo penale.
Cosa di più e di meglio, nel concreto, potrebbe fare il sindaco Pizzarotti per favorire l’integrazione a Parma?
In occasione delle ultime elezioni amministrative mi sono presentato alle primarie del centro-sinistra, ponendo la cultura, intesa come inclusione e trasferimento di valori, al centro della mia proposta. Ho anche collaborato alla stesura di un ampio documento sul rapporto sicurezza – inclusione. Spero che Il nostro Sindaco abbia preso in considerazione le mie proposte, che peraltro sarei onorato di poter discutere con lui e con i suoi collaboratori.
The Italian-Albanian who is challenging Pizzarotti in Parma
“Disorganized immigration policies hurt everyone”. These are the words pronounced by Gentian Alimadhi, an Albanian, ex-illegal immigrant-turned lawyer, and aspiring Mayor of Parma, an Italian city that symbolizes “chic”. As the center-left candidate in the March 5th primary, he is, in fact, the real “news’ in this Mayoral race.
Q: How is it that you arrived in a boat and were able to become a successful professional and maybe, a politician?
A: I often ask myself the same question. One thing is sure, the sheer will and desire for redemption counted a lot. Each one of us sets his/her life’s objectives, and once they are met, there are always new ones to try to reach. Once I landed on Italy’s shores and stepped of the boat, I was obsessed with (or perhaps saw in a mirage) my residency permit. Once I got that, thanks to the job I had found in a factory, I decided to get my Italian university degree. With my degree in hand, I decided to aim high: to become a lawyer. In the meantime, I got married and had two children. But, my decision to throw my hat in the ring for Parma’s Mayoral race is a different kind of challenge than the ones I’ve just mentioned. Because, it does not have to do with my personal will, but is the result of the belief in me that many people have demonstrated. Men and women who are convinced that the values of the Left – solidarity, equality, hospitality – are worth fighting for.
Q: How did Italy and the Italians themselves welcome you?
A: When I arrived in ’93, the Albanians were the bad guys of the that period. I could feel the prejudice all around meit didn’t bother me though. I was cool. Probably because I brought with me a certain preparation for life from my parents, who had taught me since I was a small kid, that if you behave well and demonstrate respect towards others, you will always be able to find your way. The lessons about the workplace, however, I learned from Italy. Seeing the employer side by side with his workers taught me a lot. I consider my period as an illegal immigrant and as a factory worker as a university of life.
Q: The Left has always been reticent about the battle against illegal immigration and also about Italian language courses for foreigners. What is your opinion?
A: As a “new Italian” myself, I can’t help but take to heart the terrible situation that awaits those who undertake the arduous voyage and life as an illegal immigrant just to earn the right to a small piece of life and any opportunity, at all costs. However, I feel that Minister Minniti had the right idea to adopt a comprehensive strategy for managing the flows of immigrants. One that guarantees integration, manages the relationships between nationals and immigrants, reinforces the fight against terrorism and addresses security issues. A disorganized immigration plan serves no one, least of all, a plan with objectives well beyond the capabilities of those on the welcoming end. Specifically, Parma comes to mind. Even if it breaks my heart, I cannot accept seeing human beings forced to live in the extreme cold under bridges. Illegal behavior has to be prevented and repressed by the police and by the judiciary channels in place. Behaviors that threaten the security of the country cannot be tolerated regardless of who is responsible for them, nationals or foreigners. And regardless of whether or not they are punishable offense. The only way to respond to the historic and unstoppable flow of immigrants, is to create “new Italians”. Starting with Parma. New citizens who respect the social context of their “hosts” and are willing to share their values, receiving in return the willingness of others to listen and respect their cultural identity. I see the formation of a new vision and culture of citizenry as key. Giving to those who have just arrived and received permission to stay, the tools to become true citizens of Parma and Italians, from the speaking of the language to the embracing of local customs. We will be able to create security that will be a byproduct, above all, of the investment in dialogue, listening, and culture, from the high civilization to which my city legitimately boasts. The promotion and teaching of the Italian language is fundamental: it is the living synthesis of an identity and way of thinking of a people. It is impossible to think that one could live a dignified life in this country without speaking or understanding Italian. If these ideas can contribute to the positive evolution of the Left, I am happy to dedicate all of my energy to this end.
Q: A recent law was proposed that would allow the asylum seekers to participate in socially useful jobs. Wouldn’t it be better, instead, to leave them free to look for their own employment, after having completed Italian language courses?
A: As I already said, learning the language is key. This is true at any stage, already having received residency permits or awaiting asylum. I think that asylum seekers engaged in some type of socially useful work can only be positive, especially for them. But, also for the institution involved in the welcoming efforts and also for those who have the right to asylum. This formula will allow the asylum seeker the dignity of work, and, at the same time, a control of the masses of immigrants that is respectful of the individual; this type of control would not be possible if the immigrant was condemned to the life of an illegal immigrant.